Piccoli Editori: perché esisto? 3


Foto di Giovanni Beani

Perché esisto?

Una domanda classica in filosofia, ma anche  una domanda che si dovrebbero porre i cosiddetti piccoli editori.

Piccoli se paragonati ai pochissimi “squali” dell’editoria italiana. Quegli squali che si accaparrano gli scrittori di successo e le grandi manifestazioni letterarie.

Piccoli, ma che invece potrebbero avere nelle loro mani un grande potere, quello di scovare e far crescere i nuovi autori, gli esordienti, quelli che un giorno potrebbero essere gli scrittori del domani.

Si fa sempre un gran parlare, e scrivere, delle problematiche degli scrittori esordienti e dei piccoli editori, entrambi schiacciati dal sistema malato dell’editoria italiana. Ecco quindi che per pubblicare viene spesso richiesto agli autori un contributo (che può andare dalla cifra ragionevole alla vera e propria truffa), oppure le peripezie del novello autore rassomigliano sempre più alle avventure fantasiose del più tristo dei Don Chisciotte.

Quindi nel concreto cosa fanno questi editori minori (che non è un termine affatto offensivo)?

Passando accanto ai tanti stand presenti al “Pisa Book Festival 2010“, svoltosi nel fine settimana dal 22 al 24 ottobre, in realtà ho avuto la netta sensazione che non sia del tutto vero che piccoli editori italiani significhino scrittori italiani esordienti. Certo nessuno lo ha mai detto, forse, semplicemente, una mia idea fasulla.

I miei occhi infatti sono stati attratti dai tanti, troppi, libri in esposizione. Libri per lo più classici, di autori del passato (molti anche ormai fuori dal giro del… copyright… sarà casuale?!?) o traduzioni di autori esteri, più o meno, conosciuti.

Perché?

Già mi piacerebbe capire perché ci si dovrebbe lanciare nel mondo dell’imprenditoria libraria, con tutti i problemi e le avversità che tutti, indistintamente, denunciano, per poi stampare e (ri)pubblicare sempre le stesse cose?!?

Eppure l’Italia sembra pullulare di scrittori in erba (non nel senso dell’hashish, anche se a volte potrebbe funzionare meglio). Certo pochi potranno essere scrittori di successo, pochissimi lo saranno mai, ma io, acquirente di libri, perché dovrei allora comprare “Una notte di mezza estate” di tale William Shakespeare da “Edizioni Ignote” rispetto allo stesso titolo di “Sua Signoria la Maggiore Casa Editrice Italiana“?

Un imprenditore dovrebbe rischiare (altrimenti cosa altro fa l’imprenditore?!?) e puntare su nuovi autori. Il suo scopo non dovrebbe essere, oltre a quello del proprio guadagno, anche quello di… ricercatore di nuova letteratura italiana?

Forse in tutta la lamentela, che continua ad affliggere Internet, contro la “mafia” della grande editoria, non sarebbe del tutto sbagliato porsi, sopratutto da parte degli editori minori, la domanda iniziale di queste poche righe: “Perché esisto?“.

Certo non per tutti è così.

Effettivamente alcuni editori più piccoli concentrano i loro sforzi editoriali su scrittori esordienti.

E alcuni di loro erano anche presenti al “Pisa Book Festival“, ma a dire il vero mi sono apparsi come una… minoranza nella minoranza. Tant’è che il libro che ho comprato, poco prima di uscire, è stato: “Lo zen nell’arte della scrittura” di Ray Bradbury… appunto!

Giovanni Beani

Pisa Book Festival

http://www.pisabookfestival.com


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3 commenti su “Piccoli Editori: perché esisto?

  • Luisa

    E purtroppo ce ne saranno sempre meno di piccoli editori – seri – che puntano sugli esordienti italiani, visto il modo in cui vengono quotidianamente attaccati, demonizzati, criticati. E non solo quelli a pagamento, ma proprio tutti! I primi per una cosa, gli altri perché, solo per fare un esempio, vengono accusati di pubblicare solo spazzatura.

    In effetti, volendo essere obiettivi, chi glielo fa fare? Il fatto è che sono stati proprio gli “esordienti” o aspiranti tali ad aver creato questa situazione ridondante. Contenti loro…

  • Luigi

    Cioa Giovanni, carico dal tuo lato la mia risposta a Ayame nel blog
    post: http://www.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.writersdream.org%2Fblog%2F2011%2F01%2Findifferenza-delle-librerie-indipendenti-e-della-piccola-editoria%2F&h=1ef09Zyv8wzvwiDto4PrkT6gjRw
    Il mio contributo serve forse a colpetare la tua riflessione sulla piccola ediotria.
    gennaio 12, 2011 at 1:49 pm
    Cara Ayame, il tuo sdegno è naturale, giusto, spontaneo. Se tu non avessi avuto alcuna reazione, sì che sarebbe stato sintomo di anomalia. Io di reazioni non ne ho più: sono avanti con gli anni. In occasione del mio ultimo romanzo pubblicato nel 2009 inviai 70 lettere a 70 librerie i cui nominativi mi furono forniti dal mio editore (che ha il buon senso si inviare 5 copie in conto deposito a sue spese)e il ritorno fu ZERO!
    Nel 2010,benché abbia ricevuto due buone recensioni su 2 notiziari informativi che tirano oltre 200.000 copie mensili,(ripeto 200.000 al mese) il risultato è stato quasi ZERO!!!
    IN ITALIA ABBIAMO QUALCOSA CHE NON VA.
    Non credo all’indifferenza dei librai e dei piccoli editori. Credo più alla loro disperazione. In una nazione che butta miliardi di euro per produrre sottocultura che ci possiamo aspettare noi scrittori piccoli, sconosciuti, temibili, fastidiosi, invidiati?
    Alla alta classe di persone promotrici o sostenitrici del libro interessa solo la fascia di scrittori che fanno cassa per le loro più svariate caratteristiche.
    Mi ricordo (circa 30 anni fa) il consiglio di un caro amico libraio che, per darmi coraggio, dopo l’uscita della mia prima raccolta di racconti di mare, visti i deludenti esiti delle vendite al banco, mi suggerì (e ne era convinto)di buttarmi, con una pila di libri, dal traghetto Napoli Ischia,dopo avere informato qualche giornale dell’insano proposito! Non lo feci, sono un vigliacco.
    Purtroppo la cultura è affare di stato e tu sai bene che tipo di stato abbiamo. ATIPICO.
    Qui, tra holding editoriali, distribuzione ingessata, norme fiscali sui depositi e sulle giacenze di magazzino, gente che non vuole leggere, editoria che si ingrassa ad ogni inizio di anno scolastico con i libri di testo, ancor man, soubrette e calciatori, santoni, eretici, professori, politici, scrittori di casta, e poi edicole di città stazioni aeroporti su canali distinti e separati,librerie appartenenti a holding e a circuiti particolari, di spazio per un cristo che ha diritto a scrivere e tentare di essere letto, ne rimane davvero poco. A questo aggiungo l’impotenza dei fantomatici sindacati per scrittori.
    Resta solo da sperare che gli aspiranti scrittori formino una loro associazione legata a qualche carro politico, di qualunque colore, e forse si vedrà qualcosa in moto.
    Mi dispiace concludere con tale riflessione, ma non vedo per me via d’uscita, a meno che non mi butti dal grattacielo Pirelli, trascinando una modella dell’omonimo calendario. Auguri e coraggio!